Fenomenologia dei Food influencer.

Pubblicato il
7 Ottobre 2020
Giusy Ferraina

Sempre più connessi e sempre più visual, dal food blogger al food influencer il passo è breve.  Cambia l’utilizzo del web e dei suoi strumenti, Instragram vince senza sforzi su Facebook e Twitter e apre l’era del racconto per immagini ad ogni costo.

Vite sempre connesse di personaggi, vip, authority o semplici consumatori che raccontano esperienze, viaggi, momenti e soprattutto cene e pranzi al ristorante. Dall’esperto allo pseudo-critico, dal blogger al foodlovers, dal “mangio ergo fotografo” al “guarda un po’ dove sto” tutti, senza esclusione, lasciamo un segno del nostro passaggio al ristorante o nella nostra cucina.

Tendenza o lavoro? La differenza è evidente: per alcuni è diventato un lavoro, in quanto influencer di un ampio pubblico, ingaggiati anche da aziende di vario tipo, per altri è una moda da seguire, a volte in modo ossessivo e maniacale. Per altri ancora una forma di ostentazione a cui i social network ci “obbligano” quasi come testimonianza di un evento o esperienza vissuta, che se non fotografata e postata non esisterebbe.

Da questo quadro è facile dedurre che ognuno di noi è un micro influencer all’interno del web e della propria cerchia di follower.

Ma chi sono questi influencer?

Negli ultimi anni la diffusione del termine influencer è stata rapida e inesorabile. Il termine influencer è diventato un cliché da spendere in ambito di comunicazione e marketing digitale, dalla moda al food. Se li volessimo definire gli influencer sono utenti che sono in grado, grazie alla loro riconosciuta (o considerata tale) competenza ed una notevole esposizione, di amplificare pareri, messaggi, opinioni, andando così ad influenzare gli utenti. La loro capacità deriva dalla loro reputazione, autorevolezza, conoscenza e dalla costruzione di un corretto personal branding, che ispira fiducia nell’utente.

Sono dunque l’anello tra azienda e consumatore. Questi ultimi sempre più informati e attivi, alla ricerca di pareri attendibili prima di acquistare prodotti e, allo stesso tempo, parte attiva condividendo e amplificando. Ecco che l’influencer diventa così il mezzo attraverso cui si innesca il processo informativo prima dell’acquisto. L’influencer consiglia, racconta e convince. 

Un ruolo che molte aziende riconoscono come fondamentale, anche nel settore food e ristorativo. I social media hanno, infatti, cambiato radicalmente i rapporti tra i consumatori e i brand. Ed è proprio grazie ai social che il termine influencer acquista un valore concreto e performante, che non è esperto o vip (anche se poi lo diventa), non è una questione di notorietà, ma di generare trust e di incentivare all’azione.

Se nella moda l’approccio è immediato e intuitivo, nel food le cose sono un po’ diverse. Chi è il food influencer? Il food blogger che cucina e testa prodotti e tecniche di cotture? Colui che va a degustare, in giro per eventi, aziende e cantine? Colui che ci racconta i ristoranti e i loro piatti o addirittura gli stessi chef?

A pensarci bene ognuna di queste figure ha il potere di influenzare le nostre scelte di consumo. Se da una parte i blogger sono attivi sui canali social, postando principalmente foto e video di ricette e consigli di cucina, le celebrities, in particolar modo gli chef, hanno una content strategy più diversificata, in cui alternano contenuti sul mondo food ad altri legati alla loro vita personale e ai loro interessi, appassionando e coinvolgendo gli utenti social.

Quello che vince sul web è sicuramente la condivisione delle esperienze. Allora è facile dedurre che più che un esperto culinario o un critico enogastronomico, questa figura esplosa con i social nell'era del #foodporn si incarna in chi è capace di condizionare ciò che ordiniamo al ristorante con la potenza di una foto.

Se in principio c’erano i food blog ora ci sono i food influencer. Nel 1997 nasceva Chow, il primo blog di cucina del web, un luogo virtuale in cui scambiarsi opinioni sui luoghi in cui andare a mangiare. In Italia il primo food blog è stato “Cavoletto di Bruxelles”, inaugurato nel 2005; poi è arrivata Chiara Maci e da lì c’è stata una moltiplicazione esponenziale del fenomeno. A distanza di anni gli accessi ai blog arrivano direttamente dai social e in particolare da instagram dove gli influencer hanno trovato il loro universo espressivo. 

Ma per essere un food influencer “di professione” ci sono delle regole? Sicuramente occorre una buona conoscenza sul “cibo”, sugli abbinamenti, sui vini oltre che una grande e autentica passione, e senza dimenticare l’etica, la serietà e la conoscenza dei meccanismi digitali.

Morale della favola non si diventa food influencer così per caso, come pensano molti vista la facilità, la democrazia e l’immediatezza del web, nonché la fame di notorietà che porta spesso all’improvvisazione di chi pensa e lavora con la regola del “tanto basta postare”.