Torna l’appuntamento con il #vinodigitale e torna con una nuova intervista dedicata al mondo dei wineblogger.
In origine c’era il blog, strumento innovativo di marketing e pubbliche relazioni più importanti nel panorama del web. È da qui che comincia il lungo percorso dei social network, del content marketing e degli user genereted content. Il blog, molti di voi lo ricorderanno come quel diario online che molti amanti della scrittura e di alcuni settori aggiornavano costantemente raccontando esperienze, emozioni, impressioni, facendo critiche, dando risposte. Nel tempo tutto questo si è trasformato, professionalizzato, passando da hobby ad un lavoro, da pagina personale a sito ufficiale vero e proprio. Le stesse aziende usano i blog per raccontarsi dall’interno con un tono meno istituzionale.
In questo percorso di narrazione “personale” non è esente neanche il vino. Meno coinvolto, secondo me, rispetto al food, dove inizialmente appassionati di cucina si sono lanciati in ricettari on line sempre più multimediali, con foto, video, preparazioni, mise en place. Nel momento del boom dei blog sono stati molti i sommelier, i winelovers, gli appassionati di questo mondo a raccontare etichette, cantine, vendemmie. Solo in un secondo momento sono approdati sui social, condividendo i loro post e sicuramente non hanno sofferto la concorrenza di oggi. La caratteristica che ha sempre contraddistinto i primi blogger, soprattutto del vino, era la competenza. Aspetto fondamentale che non va sottovalutato mai e che distingue spesso i blogger di prima generazione da quelli neonati.
Tra i primi wine blogger, mi piace definirlo un pioniere, c’è Andrea Petrini con il suo Percorsi di Vino dal 2007 non ha mai smesso di raccontare la sua passione per il vino, facendola diventare anche la passione di tanti altri, istruendo e consigliando i neofiti e scambiando opinioni e punti di vista con produttori e un pubblico “più educato” enologicamente parlando. Andrea è il nuovo protagonista della mia rubrica #vinodigitale e con lui parleremo proprio del suo blog, di come un wine blogger parla di vino sul web e della sua scelta fuori dagli schemi.
Sei stato uno dei primi che ha mosso i primi passi sul digitale con un blog interamente dedicato al vino. Come è nata l’idea o l’esigenza di aprire il tuo “Percorsi di Vino”?
La mia era una naturale volontà di condivisione che oggi, nel mondo social, è una parola assolutamente scontata, ma 15 anni fa quando ho aperto il blog, l’intento era abbastanza pioneristico. Al tempo era un aspirante sommelier che frequentava il corso AIS di Roma e avevo voglia di rendere il web (non si parlava di follower) partecipe delle mie emozioni da neofita del vino. In che modo? Semplicemente pubblicando i miei appunti sui vini che degustavo durante le lezioni.
Secondo te com’è cambiata nel tempo l’attività del blogger e che difficoltà o vantaggi ci sono oggi rispetto all’inizio?
Domanda molto bella, ma la risposta, per essere completa, dovrebbe essere lunga più o meno come un libro. Diciamo per sintesi che al tempo, nel 2007, non esistevano i social network come oggi, non c’era Facebook in Italia, né tanto meno Instagram. Il blog, unico canale web al di là dei siti ufficiali, per come lo intendevo io era una sorta di diario dove scrivere di vino in maniera personale ed eticamente corretta. Oggi il blog sembra uno strumento vetusto perché tutto passa attraverso i social, che hanno soppiantato di molto le potenzialità di un wine blog dove si va solo per approfondire un argomento eventualmente letto, al volo, sui Facebook o Instagram.
Come scegli i vini di cui parlare? E come organizzi il tuo lavoro tra degustazioni, viaggi, visite in cantina?
Come sai il vino per me non è una vera e propria professione per cui il mio lavoro non è organizzato come una vera e propria azienda che deve fatturare. Cosa vuol dire questo? Che ho ampia libertà di scelta, che recensisco solo i vini che mi interessano davvero, mi hanno emozionato e che ritengo, quindi, interessanti per i miei lettori. Anche i rarissimi sponsor post sono assolutamente indicati e, comunque, riguardano sempre un vino che avrei recensito per conto mio. Non ci sono marchette nascoste su Percorsi di Vino, scrivo solo di ciò che mi piace. Anche per quanto riguarda i viaggi e le visite in cantina seguo lo stesso discorso, cioè al 99% dei casi vado dove mi piace andare. Per farti un esempio lo scorso agosto sono partito per un tour personale in Friuli, era da tempo che volevo approfondire la conoscenza di quella bellissima regione vitivinicola. Ho chiamato le cantine in anticipo e sono andato.
Come percepiscono le aziende la figura del blogger? Si rendono conto che può essere un ottimo strumento di comunicazione?
Posso darti una mia visione generale su questo. Penso che fino a qualche tempo fa il blogger fosse visto come la figura alternativa e complementare al “classico” giornalista enogastronomico: entrambi scrivono articoli sul vino, tendono ad approfondire, con strumenti e competenze a volte diverse, un certo argomento. Oggi, invece, il blogger, ma penso anche il giornalista enogastronomico, viene visto come figura un po’ retrò, considerando che spesso e volentieri uffici stampa, aziende e gli stessi Consorzi di Tutela del vino reputano più importanti, o meglio più utili, gli influencer del vino. Questo perché sono ritenuti molto più bravi e “potenti” di noi blogger sui social, canali di comunicazione obbligatori e indispensabili per convogliare un certo tipo di informazione e raggiungere dei target di utenti specifici.
Tra le tue attività da esperto e appassionato di vino ci sono i corsi di formazione e gli eventi. Lo scorso anno hai debuttato con la prima edizione di Beviamoci Sud, dando ampio spazio a i vini rossi del Sud Italia, alcuni spesso poco conosciuti. Secondo te di cosa c’è bisogno negli eventi del vino e cosa vorresti e ti piacerebbe come visitatore?
Beviamoci Sud è stato solo l’ultimo evento di tutta una serie che sto portando avanti da ormai cinque anni. Prima con Aglianico a Roma, poi con due edizioni di Taste Alto Piemonte più tutta la serie di degustazioni che organizzo in giro per Roma. A Roma, come Capitale e meta di grande turismo, più di altre città, c’è bisogno di fare cultura soprattutto enogastronomica. Ci sono molti piccoli eventi, organizzati da noi appassionati (purtroppo le istituzioni in questo settore sono poco presenti o distratte da altro), che ci impegniamo in degustazioni e manifestazioni varie per far crescere la cultura del cibo e del vino in questa bellissima città. Cosa manca ancora a Roma? Una manifestazione degna di un Vinitaly o di Identità Golose, ma ci stiamo pensando!
Ci puoi fare un quadro dei tuoi lettori e dei tuoi follower?
I miei lettori sono persone di cultura superiore sul vino e non neofiti. Solitamente mi seguono da anni e leggono Percorsi di Vino perché cercano competenza, serietà, etica e perché vogliono approfondire un certo argomento che sta loro a cuore. A tal proposito ho messo on line da poco un reportage abbastanza completo sull’annata 2016, l’ultima in commercio, del Brunello di Montalcino ed è stato particolarmente apprezzato tanto che è stato letto da oltre duemila persone.
Come hai vissuto il periodo del lockdown? Come ti sei organizzato per poter continuare a scrivere senza poterti spostare da casa o poterlo fare poco nell’ultimo periodo?
Il blog lo puoi seguire tranquillamente da casa, il problema non era scrivere. Purtroppo, non potendo girare per cantine e fiere, ho scritto dei vini che ho assaggiato partecipando alle tantissime degustazioni online, organizzate dalle stesse cantine in questo brutto periodo segnato dal Covid, o che ho comprato per conto mio.
L’argomento che ti affascina di più nel mondo del vino e di cui ti piace parlare e quello che vorresti approfondire maggiormente?
In oltre 15 anni penso di aver trattato quasi tutti gli argomenti legati al vino, ma la cosa che mi piace di più è scoprire e far scoprire ai miei lettori l’esistenza di vignaioli o territori poco conosciuti.
Competenza enologica e competenza digitale
Due strade che dovrebbero andare a braccetto per essere moderni e al tempo stesso autoritari in materia. Qui si apre però anche il dibattito tra giornalisti contro influencer. Ma per ora direi di evitare..
Quali consigli daresti a chi si avvicina alla comunicazione del vino?
Di rispettare sempre i lettori, perché non è affatto stupido e se si fanno esclusivamente delle “marchette” si rischia di perderli in tempi stretti. La web-reputation è fondamentale.